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a cura di Marco Cavietti

Sin dal Medioevo, le proprietà sui Castelli Romani (Albano Laziale, Castel Gandolfo) costituiscono per la famiglia Savelli il nucleo centrale del loro potere baronale fuori Roma. In questi territori lungo la via Appia, principale asse di collegamento dell’epoca, erano ancora vive le memorie della leggendaria Alba Longa, cittadina progenitrice di Roma. Proprio grazie alla presenza di vestigia antiche su tutta la zona, i Savelli potevano anche celebrare le antiche origini familiari.

Il primo insediamento dei Savelli nella campagna romana fu ai piedi dei colli Albani, conosciuto come Castrum Sabelli. La piccola roccaforte si trovava in una posizione strategica per il controllo dell’area tra la pianura verso il mare. Molto probabilmente, il cognome della famiglia potrebbe derivare dal toponimo di questo luogo.

La presenza dei Savelli nell’area dei Colli Albani risalirebbe addirittura al 964, anno in cui l’imperatore del sacro Romano Impero, Ottone I, conferì alla famiglia una solenne investitura sui territori di Albano ed Ariccia, nonché sui castelli di Rignano, Ponzano e Filacciano. Di sicuro nel XIII secolo l’area era di proprietà della famiglia tanto che Giacomo Savelli, papa Onorio IV, si impegnò nella costruzione dell’abbazia di S. Paolo donando il sito ai monaci guglielmini e alla sua morte lasciò ai suoi eredi molti beni proprio in queste zone.

Dal Quattrocento la famiglia si impegna nello sviluppo urbano di Albano e Ariccia, ma un impulso decisivo sarà offerto dalla nomina a principato di Albano nel 1607 da parte di papa Paolo V, in questo modo Paolo Savelli ne divenne il primo principe. I Savelli continueranno ad interessarsi a questi possedimenti commissionando diverse opere e impegnandosi nell’edificazione di chiese e conventi sino alla fine del Seicento, quando, a seguito del fallimento della famiglia, i beni vennero confiscati dalla Camera Apostolica (1697)

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