(1648-1724)
a cura di Francesca Curti
Caterina Giustiniani nacque nel 1648 da Andrea (1605-1667) e Maria Pamphilj (1619-1684). Il 21 settembre 1663 si unì in matrimonio con il principe Giulio Savelli (1624-1712), ultimo discendente del ramo dei Savelli di Palombara. Questi aveva sposato in prime nozze Caterina Aldobrandini (†1653) da cui aveva avuto un figlio Bernardino morto all’età di diciannove anni nel 1672, senza eredi.
Il principe Savelli aveva ereditato dal padre Bernardino iuniore (1606 - 1658) una disastrosa situazione finanziaria e nel 1661, per far fronte ai debiti, fu costretto a cedere il ducato di Ariccia alla famiglia del papa allora regnante Alessandro VII Chigi. Sebbene tra il 1683 e il 1685 fosse entrato in possesso anche dell’eredità del fratello, il cardinale Paolo Savelli Peretti (che comprendeva i beni e i titoli della famiglia Peretti, tra i quali il principato di Venafro, il marchesato di San Martino, la contea di Celano e la baronia di Pescina), e della contea di Chincón in Castiglia lasciatagli dalla nobildonna Francesca de Castro Cabrera, tuttavia Giulio Savelli non riuscì ad impedire la disgregazione del patrimonio di famiglia, anche a causa dell’incapacità di rinunciare ad un tenore di vita assai sfarzoso. Nel 1690, infatti, fu costretto a cedere il feudo di Venafro al cugino Giovanni Battista Spinelli, duca di Seminara, e nel 1696 furono venduti all’asta la celebre Villa Montalto a Termini, voluta da Sisto V, che fu acquistata dal cardinale Gian Francesco Negroni ad un prezzo inferiore al suo reale valore, e la città di Albano che venne incamerata dallo Stato Pontificio.
Nel testamento, aperto il 6 marzo 1712, il Savelli lasciava erede universale la moglie Caterina Giustiniani, la quale però si trovò sin da subito a dover far fronte alle richieste di solvenza dei creditori della Casa Savelli che, nonostante le alienazioni effettuate dal marito negli anni precedenti per pagare i debiti, erano ancora assai numerosi. L’intero patrimonio di famiglia, compreso il palazzo di Monte Savello, fu confiscato dalla Congregazione dei Baroni che provvide alla liquidazione dei creditori attraverso la vendita dei beni di famiglia. La nobildonna, privata di tutte le sostanze Savelli, dovette ricorrere al Tribunale dell’Auditor Camerae per poter ricevere il vedovile e la somma necessaria per il funerale, che, alla fine ottenne, dopo aver chiesto la facoltà di poter vendere la collezione di quadri, statue e bronzi della famiglia Savelli, che venne stimata da Michelangelo Ricciolini, pittore di casa Savelli. Caterina alienò la raccolta per la somma di 2.579,60 scudi, ma trattenne presso di sé parte di essa, dando via il resto per un valore di 1.062 scudi.
Nel 1713 fu costretta a lasciare il palazzo di Monte Savello che nel 1717, cinque anni dopo la morte di Giulio, fu messo all’asta dalla Congregazione dei Baroni; se lo aggiudicò Filippo Orsini, duca di Gravina, per la somma di 30.000 scudi. La Giustiniani si trasferì in una casa a Trastevere di fronte al convento di S. Egidio e, non potendo portare con sé tutti i suoi averi per motivi di spazio, lasciò parte dei suoi beni, compresa la collezione d’arte, a palazzo Giustiniani. Nel 1720 decise di donare all’imperatore Carlo VI, in virtù dello stretto legame che da oltre un secolo si era stabilito tra i Savelli e la corte cesarea, il celebre velo della Veronica, che, secondo la tradizione, si riteneva fosse in possesso della famiglia Savelli dal tempo dell’imperatore Tiberio, quando un membro del casato, un certo Volusiano, lo portò a Roma.
Negli anni che seguirono e fino alla sua morte, la nobildonna visse in una condizione di costante preoccupazione per lo stato precario delle sue sostanze. Le rimase accanto, in qualità di dama di compagnia, Cecilia Ricciolini, sorella di Michelangelo, che insieme alla sorella Camilla faceva parte da tanti anni della famiglia Savelli. Caterina Giustiniani Savelli si spense nel 1724 all’età di 76, nominando nel suo testamento erede universale il nipote monsignor Andrea Giustiniani, al quale già un anno prima aveva donato i beni lasciati a palazzo Giustiniani. Il prelato, dopo aver fatto redigere un inventario dei beni della zia, per saldare i debiti con i creditori procedette subito alla vendita di gran parte di essi, alienando molti dei quadri della collezione Savelli che erano rimasti in proprietà di Caterina.
Inventario di Giulio Savelli, Roma, Palazzo di Montesavello, 1712
Bibliografia: E. Lucidi, Memorie storiche dell’antichissimo municipio ora terra dell’Ariccia, e delle sue colonie Genzano, e Nemi, Roma 1796, p. 275; N. Ratti, Della famiglia Savelli, in Della Famiglia Sforza, vol. II, Roma 1795, pp. 297-345; N. Del Re, L’ultimo dei Savelli, Maresciallo di S.R.C., in Seicento e Settecento nel Lazio, a cura di R. Lefevre, Roma 1980, pp. 43-60; S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani, Documenti, Milano 2003, pp. 195-339; P. Rainer, “Per esaltare la Gloria di Dio”. Un dono solenne di Caterina Savelli all’imperatore Carlo VI, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei Papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, a cura di C. Mazzetti, A. Amendola, in c.d.s.