di Francesca Curti
Con il declino dei conti di Tuscolo, dall’inizio del XIII secolo i territori dei Castelli Romani furono teatro di sanguinosi scontri tra potenti famiglie baronali come i Frangipane, gli Annibaldi, gli Orsini, i Colonna e i Savelli, per l’egemonia su un’area di grande interesse strategico per il controllo di Roma e del Lazio meridionale. I Savelli ne uscirono vincitori, insieme ai Colonna, e alla fine del XIII secolo vantavano un vasto dominio che si articolava principalmente a sud di Roma ma con roccaforti anche a settentrione e a oriente secondo un ambizioso progetto di espansione. Lungo la via Appia possedevano i Paolo Savelli di Albano, Castel Savello, Castel Gandolfo, Castel di Leva, Faiola, in Sabina i castra di Palombara, Monteverde e Castiglione e, sulla destra del Tevere, a nord di Roma, i Paolo Savelli di Rignano, Turrita e Versano. La famiglia, che trasse probabilmente il suo nome dall’altura di Castel Savello (Castrum Sabellum), conobbe la sua ascesa nella politica romana a partire dal pontificato di Onorio IV (1210-1287), con il quale si consolidò sia l’autorità della casata all’interno della nobiltà romana sia l’indissolubile legame con la curia pontificia, sancito dalla carica ereditaria di Maresciallo della Chiesa e della custodia del conclave, a cui era annessa la giurisdizione del tribunale detto Corte Savella. Il potere raggiunto dai Savelli risultava evidente anche dalle proprietà che possedevano a Roma, e cioè il palazzo di S. Sabina sull’Aventino, abitato da Onorio IV, il palazzo di Monte Savello, eretto sul Teatro Marcello, e le proprietà nel Rione Parione, nell’odierno vicolo Savelli. Nelle chiese dell'Aracoeli e di S. Alessio sull'Aventino erano le sontuose tombe di famiglia. All’inizio del XIV secolo, al tempo di Paolo Savelli (1350 - 1405), signore di Rignano, valoroso uomo d’arme, al soldo di Gian Galeazzo Visconti e capitano della Repubblica di Venezia, le proprietà dei Savelli avevano raggiunto il massimo della loro espansione da Nord a Sud del Lazio. Alla sua morte, nel 1405, sembra avvenire la divisione dei vari rami della casata. Un nipote di Paolo, Antonello († 1428), figlio di suo fratello Renzo, sembra sia stato il capostipite del ramo di Albano, mentre suo figlio Battista († 1445) diede origine alle linea dei Savelli di Palombara e dei Savelli di Rignano. Nel testamento di quest’ultimo, infatti, rogato nel 1445, egli lasciò al figlio primogenito Pandolfo il feudo di Rignano, Civita Castellana, e gli altri possedimenti sulla riva destra del Tevere, mentre al figlio minore Giacomo († 1463) spettò il castello di Palombara, Cretoni, Castel Chiodato, Poggio Moiano, Poggio di Donadio, Aspra (odierna Casperia) e Cantalupo. I Savelli discendenti da Pandolfo si confinarono nel feudo di Rignano, mantenendo nei secoli una connotazione locale. La dinastia di Giacomo venne invece barbaramente spazzata via nel 1457, quando alcuni facinorosi palombaresi trucidarono i suoi unici figli maschi, Ettore e Prospero. Il suo patrimonio, quindi, passò, tramite i matrimoni delle figlie femmine, ai rami collaterali dei figli di Renzo, Francesco e Cola. Nel 1473 Mariano († 1493), figlio di Cola, permutò il castrum dell’Ariccia di proprietà dell’abbazia di Grottaferrata con un’altra sua proprietà, e successivamente scambiò il nuovo possedimento con alcuni terreni di proprietà di Pier Giovanni, figlio di Francesco. In questo modo Pier Giovanni di Francesco, divenne il capostipite del ramo della Riccia, mentre Mariano di quello di Palombara.
I Savelli di Albano Dalla stirpe di Antonello nacquero Ludovico, padre di Girolama, andata in sposa a Paolo Savelli di Rignano, e Antimo (1464 - 1513), che ebbe una numerosa prole, tra cui Elena Savelli, prima moglie di Bernardino Savelli seniore († 1590) del ramo di Palombara, Onorio Savelli († 1553) e il primogenito Antonello (1511 - 1547), marito di Virginia Orsini. Da quest’ultimo matrimonio nacquero Ludovico († 1559), che sposò Porzia Colonna, e Cristoforo che si unì a Clarice Strozzi, i quali si divisero il dominio su Albano. I due fratelli furono gli ultimi Savelli del ramo di Albano a possedere il feudo: nella seconda metà del Cinquecento, infatti, la metà di esso infatti fu venduta in due tranches ai Savelli del ramo di Palombara da Cristoforo e dalle eredi di Ludovico, le figlie Vittoria († 1578) e Artemisia († 1603). Nel 1596 i Savelli di Palombara rivendettero la loro parte di Albano a Fabrizio Savelli, signore di Ariccia, il quale, morendo senza figli, lasciò il feudo alle nipoti Caterina e Virginia, figlie di suo fratello Mario e di Artemisia. Con i matrimoni delle due sorelle con Paolo († 1632) e Federico († 1649), del ramo di Palombara, il feudo di Albano entrò a far parte dei possedimenti dei Savelli di questi ultimi.
I Savelli di Ariccia Da Pier Giovanni nacque Clarice, che sposò nel 1495 Giovan Lucido Palombara, e Silvio († 1515), valoroso condottiero, che fu al servizio dell’Imperatore e di Massimiliano Sforza il quale, per i meriti conseguiti nella conquista di Bergamo, gli concesse il comando generale della fanteria e il titolo di senatore e consigliere ducale Silvio ebbe quattro figli Camillo, Giovanni Battista, Silvia e Girolama. Camillo († 1589), che sposò Isabella Orsini di Monterotondo, fu signore di Ariccia. Dei suoi figli, Silvio (1550 - 1599) divenne cardinale con il titolo di S. Maria in Via, e ricoprì numerose cariche ecclesiastiche: fu arcivescovo di Rossano, nunzio a Napoli, patriarca di Costantinopoli e legato di Perugia e in Umbria, Fabrizio († 1605) ereditò il titolo di signore di Ariccia e sposò Vittoria Savelli, figlia di Ludovico del ramo di Albano, mentre l’altro figlio Mario († 1596) si unì in matrimonio con Artemisia Savelli, sorella di Vittoria. Poiché Fabrizio morì senza eredi nel 1605, furono le figlie di Mario, Caterina (1588 - 1639) e Virginia († 1655) ad ereditare, oltre al feudo di Albano, anche quello di Ariccia, che, a seguito del matrimonio di queste con i Savelli di Palombara entrò anch’esso tra le proprietà della casata del ramo di Palombara.
I Savelli di Palombara Fratello di Mariano fu il cardinale Giovanni Battista (1422 ca. -1498), innalzato alla porpora nel 1471. Dal matrimonio di Mariano con Servanzia Del Balzo nacquero Giulio, Troilo (entrambi valorosi condottieri) e Giacomo († 1541). Troilo (1465 -1517) sposò Paola Orsini del ramo di Monterondo, che diede alla luce Claudia († 1549), moglie di Luigi Gaddi, Flaminio e Tullio Ostilio († 1562), che si accasò con Violante Orsini, dalla quale ebbe numerosi figli tra cui Troilo. Questi, che aveva sposato Flaminia Cesi, morì nel 1574, a causa delle ferite riportate a seguito della battaglia di Lepanto. Dalla sua unione con la Cesi nacque Troilo, il quale giovanissimo si unì ad una banda di nobili ribelli, capitanata da Cola Gaetano, che infestava le campagne laziali, commettendo ogni genere di soprusi. Catturato, per volere di Clemente VIII Aldobrandini venne decapitato nel 1592. Giacomo, invece, si unì in matrimonio con Camilla Farnese, dalla quale nacque Giovanni Battista (1505 - 1541), illustre personaggio della casata, che si distinse come capitano di Clemente VII e di Paolo III e colonnello di fanteria di Carlo V, ottenendo da questi il feudo di Antrodoco. Giovanni Battista sposò Costanza Bentivoglio, dalla quale ebbe numerosi figli, tra cui il primogenito Bernardino seniore († 1590), Mariano († 1599), vescovo di Gubbio, Battistina († 1604), moglie di Bruno Zampeschi di Forlimpopoli, e Giacomo (1523 - 1587), divenuto cardinale nel 1539. Questi perseguì una brillante carriera ecclesiastica divenendo prima arcivescovo di Benevento e poi cardinal vicario. Dal matrimonio di Bernardino seniore con la seconda moglie, Lucrezia Dell’Anguillara, nacquero Giovanni Battista († 1592), Giovanni (†1628), Paolo, Federico e Giulio (1574 - 1644), che divenne cardinale nel 1615, e Costanza (†1640), che sposò Giannantonio Orsini, duca di Santo Gemini. Grazie ai matrimoni di Paolo e Federico con Caterina e Virginia Savelli del ramo di Ariccia, la linea di Palombara rientrò in possesso di tutte le proprietà del casato fino ad allora divise tra i vari rami, ad eccezione del feudo di Rignano. Dopo la morte prematura di Giovanni Battista nel 1592, i fratelli istituirono la primogenitura in favore di Bernardino iuniore (1606 - 1658), figlio di Paolo. Quest’ultimo, figura illustre della famiglia, intraprese la carriera militare ricoprendole prestigiose cariche di Generale dell’Armi di Bologna, Ferrara e Romagna, e di Luogotenente generale di Santa Romana Chiesa, nonché di Ambasciatore Cesareo presso la Santa Sede; fu il primo a fregiarsi del titolo di principe di Albano, feudo che fu elevato a principato nel 1607. Dalla moglie Caterina, oltre a Bernardino iuniore, ebbe Fabrizio (1607-1659), che fu elevato al cardinalato nel 1647, e Carlotta (1608 - 1692), che sposò prima Pietro Aldobrandini e in seconde nozze Scipione Spinelli, principe di Cariati. Dei fratelli di Paolo, Giovanni divenne signore di Palombara, e dal matrimonio con Livia Orsini, ebbe una sola figlia Camilla Virginia (1601-1667), che sposò Pietro Farnese, ultimo discendente del ramo di Latera, mentre Federico ebbe il titolo duca di Ariccia e morì nel 1649 senza prole. Bernardino iuniore si unì in matrimonio con Maria Felice Peretti, dalla quale ebbe Paolo (1622 - 1685), che nel 1664 divenne cardinale e nel 1655 ereditò dallo zio Francesco Peretti i beni e i titoli della famiglia Peretti, Margherita († 1690), che andò in sposa a Giuliano Cesarini, duca di Civitanova e Giulio (1626-1712). Questi si accasò in prime nozze con Caterina Aldobrandini, che diede alla luce il suo unico figlio Bernardino (1653 - 1672), morto all’età di diciannove anni, senza eredi, nonostante fosse convolato a nozze nel 1670 con Flaminia Pamphilj, nipote di Innocenzo X. Nel 1663, Giulio si risposò con Caterina Giustiniani Savelli, dalla quale non ebbe figli. Con la sua morte, nel 1712, si estinse il ramo dei Savelli di Palombara.
I Savelli di Rignano Dal matrimonio di Pandolfo († 1466) con Agnese Farnese, dei duchi Parma, nacquero Giovanni, Luca, Filippo e Pietro Francesco. Luca sposò Girolama Savelli († 1562), figlia di Ludovico del ramo di Albano. Dal matrimonio nacque Paolo che si accasò con Faustina Cafarelli, la quale diede alla luce Luca e Onorio. Quest’ultimo, signore di Rignano, subì la confisca dei beni da parte della Camera Apostolica per aver male governato la città di Aspra, acquistata nel 1553 da Flaminio e Tullio Ostilio Savelli del ramo di Palombara. Onorio si unì in matrimonio con Camilla Orsini, figlia di Valerio Orsini, signore di Monterotondo e Forino, e di Giovanna Maria Euffreducci, e sorella di Isabella Orsini, moglie di Camillo Savelli, signore di Ariccia. Dall’unione nacquero Luzio († 1617), che ebbe quattro mogli, Placidia Colonna, Una Lomellini, Caterina Cenci, sorella di Beatrice e Clarice Palombara, Guido, Diana (1548 - 1624), moglie di Enrico Orsini, signore di Stimigliano, e Sofonisba († 1618) che andò in sposa a Leone Strozzi. Benché in seguito i feudi, ad eccezione di Aspra, tornassero in possesso della famiglia, tuttavia la situazione economica dei Savelli di Rignano peggiorò progressivamente; nel 1600 e nel 1606 il feudo fu concesso in affitto, e nel 1607 il figlio di Onorio, Luzio fu costretto a vendere Rignano ai fratelli Francesco e Marcantonio Borghese. Con i proventi della vendita, i Savelli misero in atto una serie di operazioni finanziarie che gli permisero, anche mediante l’istituzione del fidecommisso, di ricompattare il loro patrimonio e di imporsi sulla scena romana. Artefice di tale rinnovamento, non fu però Luzio, il primogenito, ma sua sorella Diana.Luzio Savelli, infatti, trasferitosi a Roma, all’indomani della cessione di Rignano, visse fino alla morte nel 1617 in una casa probabilmente in affitto nel Rione Pigna, vicino la chiesa di S. Stefano al Cacco, insieme alla sua quarta moglie Clarice Palombara e ai figli Onorio († 1668), Luca († 1671) e Camilla, a cui lasciò alcune proprietà a Tarquinia, e a Magliano Sabina, una vigna fuori Porta Angelica, e una casa «sotto Montesavello», antica eredità della famiglia, più un censo e alcuni luoghi di monte. Dalla prima moglie, Luzio aveva avuto anche un’altra figlia Ippolita Savelli († 1641), che andò in sposa a Francesco Maria Del Monte, nipote del cardinale omonimo. Diana, invece, vedova di Enrico Orsini, da cui non aveva avuto figli, l’8 novembre 1611 comprò per la somma di 5.500 scudi dal duca Alessandro Pico della Mirandola, in qualità di tutore degli eredi di sua sorella Ippolita Pico Piccolomini, un palazzetto sul Quirinale in una delle zone all’epoca più ambite della città sia per la salubrità dell’aria sia per la vicinanza al palazzo pontificio, che, com’è noto, fin dalla metà del XV secolo, era diventata luogo di residenza di personaggi illustri e letterati attratti dal suggestivo paesaggio disseminato da rovine. Si tratta del palazzo un tempo noto come Acciaiuoli-Sacripante, posto sull’attuale via XXIV maggio, accanto palazzo Pallavicini Rospigliosi, all’angolo con l’odierna via del Mazarino, che fu demolito alla fine dell’Ottocento a seguito dei lavori di sistemazione della strada. Diana Savelli elesse suoi eredi i figli di Luzio, Onorio e Luca. Il primo sposò Angela Filippini, dalla quale ebbe una sola figlia Porzia, moglie di Giovanni Antonio Barelli, il secondo si unì in matrimonio con Eleonora Danzetta di Perugia. Da quest’unione nacquero l’abate Fabrizio (1662 -1724) e Luzio (1654 - 1728), ultimo discendente del ramo di Rignano, che nel 1685 si accasò con Medera Palombara, dalla quale non ebbe figli.
I Savelli Palombara Dal feudo di Palombara provenivano anche i Savelli Palombara, spesso confusi con i Savelli, signori di Palombara. Questa famiglia si può dire fosse parallela a quella dei Savelli di cui finora abbiamo trattato. Secondo alcune fonti i Savelli Palombara appartenevano alla famiglia Crescenzi Ottaviani e furono i proprietari del feudo di Palombara intorno all’anno Mille. In seguito il feudo passò forse in seguito a strategie matrimoniali ai Savelli. Essi tennero l’appellativo di Conti Palombara, a cui aggiunsero quello di Savelli, rimanendo proprietari del limitrofo feudo di Moricone. Nel permutarono questa proprietà con il feudo di Pietraforte. Furono imparentati con i Savelli di Albano, Ariccia, Palombara e Rignano. Possedevano un palazzo a Montecitorio, demolito nel 1906 per isolare il palazzo del Parlamento italiano, che si trovava esattamente nell’odierna via dell’Impresa al numero 21 e una vigna nei pressi di S. Maria Maggiore, acquistata da Alessandro Sforza nel 1620 e divenuta poi Villa Palombara, anch’essa distrutta dopo l’Unità d’Italia, per la creazione al suo posto di piazza Vittorio. Almeno dal Quattrocento avevano la loro cappella in S. Silvestro in Capite. Nel 1826 si estinsero nella famiglia Massimo, quando morì l’ultima discendente Barbara Savelli Palombara (1750 - 1826), che aveva sposato il principe Camillo Francesco Massimo. A differenza dei Savelli di Rignano che risiedettero per lo più nel loro feudo, la famiglia dei Savelli Palombara sembra, invece, essere attiva nella vita politica romana già dall’XI secolo, ma le prime notizie certe riguardanti la presenza in città risalgono all’inizio del Cinquecento, quando è attestata una loro proprietà nel Rione Campo Marzio. L’edificio fu donato il 22 settembre 1523 da Felice Colonna, moglie di Paolo Palombara, a suoi nipoti. Dal matrimonio di Felice e Paolo, infatti, erano nati Francesco e Giovan Lucido, il quale aveva sposato nel 1495 Clarice Savelli, figlia di Pier Giovanni, signore di Ariccia con dispensa papale, essendo i due parenti in 4° grado. Da Clarice, Giovan Lucido ebbe Massimiliano, Traiano, Scipione e Camillo, che ereditarono dalla nonna la casa in Campo Marzio. Dall’unione nacque anche una figlia femmina Caterina che andò in sposa a Costanzo Del Monte, fratello di papa Giulio II. Scipione si accasò con Clelia Marcellini, mentre Traiano con Silvia Gaddi, figlia di Luigi e di Claudia Savelli del ramo di Palombara, sorella del cardinal Taddeo e nipote del cardinale Nicola Gaddi. Da Silvia e Traiano nacquero Massimiliano († 1607), vescovo di Gubbio e Benevento, Pompilio († 1565), cavaliere di Malta, deceduto nell’assedio di Malta da parte dei Turchi nel 1565, Luigi († 1589), che combatte con Alessandro Farnese morendo durante l’assedio di Parigi, e infine Camillo († 1607) che sposò in prime nozze Ippolita Orsini di Vicovaro, dalla quale ebbe Costanza, monaca, e Clarice († 1648), moglie di Luzio Savelli del ramo di Rignano. Dal secondo matrimonio con Flaminia Armentieri nacquero Silvia, moglie di Ottavio Caropresi, duca di S. Nicandro in Puglia, e Oddo († 1648), che si accasò con Laura Ceuli, dalla quale ebbe Camillo († 1679) e Massimiliano (1614 - 1685). Oddo, destinato alla primogenitura della famiglia Palombara, fu una figura di grande rilievo negli ambienti aristocratici romani: colto ed erudito fu membro dell’Accademia degli Umoristi, della quale sembra sia stato anche principe intorno alla fine degli anni Trenta. Anche il figlio Massimiliano fu un intelletto fine e vivace. Appassionato di alchimia e di ermetismo, dedicò tutta la sua vita agli studi esoterici e per la sua esperienza in materia fu chiamato a corte da Cristina di Svezia, di cui divenne stretto collaboratore. Massimiliano si unì in prime nozze con Cassandra Mattei, dalla quale ebbe molti figli, tra cui Laura, moglie di Gaspare Origo, Caterina, sposata al marchese Silvio Maccarani, Ludovico, Traiano e Federico, che prese in moglie Barbara Colonna. Dal secondo matrimonio con Costanza Baldinotti nel 1662 nacquero Ginevra, moglie in seconde nozze di Antonio Manfroni Pichi, Medera († 1737), che sposò Luzio Savelli del ramo di Rignano, Morieno († 1717) che si unì ad Anna Girolama Tarugi, dalla quale ebbe Anna Girolama, moglie del marchese Agostino Lombardi, e Zenobio († 1752), castellano di Castel S. Angelo, congiuntosi con Orietta Cibo. Dall’unione di Federico con Barbara Colonna nacque Massimiliano, il quale, dalla moglie Porzia Gabrielli di Prossedi, ebbe una sola figlia Barbara, ultima discendente della casata Palombara.
Nota d’archivio: Le notizie sulla famiglia sono desunte anche dallo studio delle carte conservate nel Fondo Sforza Cesarini dell’Archivio di Stato di Roma. Per il ramo di Rignano la genealogia era finora in gran parte inedita. La ricostruzione è stata possibile grazie alla ricerche svolte sui documenti presenti nell’archivio della famiglia conservato in ASR, Archivio della chiesa di S. Pudenziana, Eredità Savelli, e in un atto riguardante la genealogia dei Savelli di Rignano conservato in ASR, Trenta Notai Capitolini, ufficio 4, vol. 298, cc. 448r-452v/462r-464v. Francesca Curti
Bibliografia essenziale: G.A. Riccy, Memorie storiche dell’antichissima città di Alba-Longa e dell’Albano moderno, Roma 1787; E. Lucidi, Memorie storiche dell’antichissimo municipio ora terra dell’Ariccia e delle sue colonie Genzano e Nemi, Lazzarini, Roma 1796; O. Panvinio, De gente Sabella, a cura di E. Celani, Roma 1891; N. Ratti, Della famiglia Sforza, vol. II, Roma 1794, pp. 297-347; P. Litta, Le famiglie celebri d’Italia, X, I Savelli di Roma, a cura di L. Passerini, Milano 1872; M. Tosi, La società romana dalla feudalità al patriziato, Roma 1968, pp. 47-53;T. Amayden, La storia delle famiglie romane con note e aggiunte del comm. Carlo Augusto Bertini, Roma 1910, pp. 120 -124; S. Carocci, Baroni di Roma, dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento, Roma 1993, pp. 415-422; F. Petrucci, Palazzo Chigi ad Ariccia, Ariccia 1984; R. Lefevre, I Savelli e la fondazione dell’Ariccia moderna, in “Castelli Romani”, XXXII (1987), 3, pp. 83-87; Idem, I Savelli nei Castelli Romani tra medioevo, rinascimento e barocco, in “Documenta Albana”, II serie (1990-91), 12-13, pp. 73-86; Idem, Ricerche e documenti sull’archivio Savelli, Miscellanea della Società Romana di Storia Patria, Roma 1992; F. Petrucci, Il Maresciallo di Santa Romana Chiesa Custode del Conclave: dai Savelli ai Chigi, in HabemusPapam. Le elezioni pontificie da San Pietro a Benedetto XIV, catalogo della mostra, a cura di F. Buranelli, Roma 2006, pp. 88-91; A. Attanasio, “… però non guastare la coda al pavone …”. Per la storia di Aspra e dei Savelli, suoi signori, nel Cinquecento, in Casperia. Inventario dell’Archivio (1099-1860) e studi documentari, a cura di A. Attanasio e A. Pellegrini, Roma 2000, pp. 327-254;C. Mazzetti di Pietralata, Paolo e Federico Savelli, ambasciatori dell’imperatore. Scambi artistici e musicali tra Roma e Vienna nella prima metà del Seicento, in J. Martínez Millán, M. Rivero Rodríguez, La dinastía de los Austria. Las relacionesentre la monarquíacatolíca y el imperio, vol. I, Madrid 2011, pp. 1837-1866; Eadem,Pale d’altare caravaggesche e committenze del partito imperiale a Roma nel problemi di stile e di iconografia alla prova della politica religiosa, in J. Martínez Millán, M. Rivero Rodríguez, G. Versteegen, La corte en Europa. Politica y religión (siglos XVI - XVIII), Madrid 2012, vol. II, pp. 1245-1282; Eadem, Gli inventari Savelli, storia e stile di una antica famiglia alla sfida della modernità nella Roma del Seicento, in Inventari e cataloghi. Collezionismo e stili di vita negli stati italiani di antico regime, a cura di C.M. Sicca, Pisa 2014, pp. 107-128; F. Curti, I Savelli «cadetti»: le dimore al Quirinale e a Montecitorio e gli interessi artistici dei rami di Rignano e Palombara, in Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei Papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee, a cura di C. Mazzetti, A. Amendola, in c.d.s.
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Albero genealogico della famiglia Savelli, sec. XVIII. Archivio di Stato di Roma, Archivio Sforza Cesarini,I, 34, carta non numerata.
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